
La Democrazia Interiore

(E LA DITTATURA DEL CARATTERE)
4 ottobre 2013, Padova
Mese del Benessere Psicologico
In questo articolo vorrei illustrare un’idea, una metafora che ha per scopo il miglioramento della propria qualità di vita.
Che una metafora possa migliorare la qualità della vita di una persona è un’idea non proprio banale. La conoscenza metaforica, la conoscenza del ‘come se’, ha di per se un potenziale molto forte. Non si tratta certamente della conoscenza di tipo scientifica, che lega cause certe a effetti certi, ma di una conoscenza metaforico narrativa, in grado di evocare degli scenari, dei rimandi legati a ricordi e vissuti. Di evocare, in parole povere, un’esperienza.
Tutti voi avrete sentito la famosa frase “la mappa non è il territorio”, ma sicuramente la mappa può aiutare a ‘vedere’ il territorio con uno specifico paio di occhiali, a leggere la realtà cogliendo quegli aspetti che generano uno specifico senso. Il senso che diamo alla nostra vita può condizionare enormemente la percezione che ne abbiamo e la qualità che percepiamo nei nostri atti.
Per prima cosa bisogna sfatare il diffuso pregiudizio che una persona sia un’unità.
Già con la famosa topica Freud parla della psiche come di un’organismo che ha una struttura tripartita: i famosi Io, Es, e SuperIO. Come è noto l’Es è il serbatoio degli impulsi, degli istinti che spingono per venire soddisfatti, ai quali poco importa delle regole sociali, di convivenza, o delle conseguenze infauste. Dall’altra parte c’è il SuperIo, che detto con un po’ di approssimazione, persegue il mantenimento di un’ordine stabilito, appreso dai genitori, dal clan, dalle convenzioni sociali interiorizzate. In mezzo il povero Io che cerca di mediare tra i bisogni dell’uno e dell’altro e di un terzo enorme tiranno: la realtà materiale.
È già chiaro come il povero Io si trovi a fare i conti con continui conflitti — Desidero fare una cosa, ma non si deve, o non si può, e allora che faccio?
Il problema, a ben vedere, è ancora più complesso. Le voci interne che ci tirano da una parte o dall'altra sono infatti molto più numerose e variopinte.
La metafora che voglio proporre è che la nostra realtà interna sia come un parlamento. E come un parlamento contenga in sé la rappresentanza di un certo numero di forze, espresse anche dal governo con i suoi ministri. L’Io è il nostro presidente del consiglio, che deve gestire le risorse dell’organismo (lo stato) in modo tale che il popolo in qualche maniera ne risulti soddisfatto.
Questo purtroppo è tutt’altro che semplice. Quello che generalmente accade in ognuno di noi è che un particolare ministero prenda per se la maggior parte delle risorse, e che lasci gli altri all’asciutto. Come nella realtà politica e sociale, la scelta della distribuzione del potere e delle risorse è strettamente legata alla cultura del partito al potere. Quando, per esempio, a prendere potere sará un’istanza conservatrice e nazionalista, verranno destinate moltissime risorse al ministero della Difesa (versione ipocrita del ministero della Guerra). Vivremo quindi una vita in eterno conflitto esplicito o implicito, i servizi segreti saranno impegnati a scovare il nemico e probabilmente vedremo in ogni dove dei complotti contro di noi, dai quali cercheremo di difenderci e proteggerci. Il risultato sará una vita piena di paranoie e di sospetti. Il ministero dell’amore nel frattempo, impoverito da uno scarso investimento di risorse, proverà ad obiettare che magari una vicinanza con il prossimo sarebbe auspicabile, ma potrà fare ben poco.
La cattiva distribuzione del potere interno porta a delle vere e proprie dittature e, si sa, chi ne patisce in questi casi è sempre il popolo.
La persona protagonista dello scenario ipotizzato, per esempio, vivrá in uno stato di indicibile sofferenza, dato dai bisogni, come quelli amorosi, che sarà costretto a negare o ridimensionare. Si troverà così sempre in posizione difensiva, o di attacco, in preda a un malessere che nemmeno comprende. Come se non bastasse, proprio come avviene in uno Stato sotto dittatura, le minoranze usciranno dal parlamento (e quindi dalla coscienza) e organizzeranno una lotta armata per disfarsi del ditattore. Per cui probabilmente il nostro amico paranoico, oltre a vivere in uno stato di allerta continuo, in preda a un malessere che non sa spiegarsi sviluppa dei sintomi fisici (un’asma, l’insonnia, ecc.), psicologici o comportamentali (impulsi irresistibili che finisco per danneggiarlo, sviluppa dipendenze, atti autolesivi, o anche semplicemente gaffe micidiali).
Come mai un governo è sbilanciato a tal punto che un ministero si trova ad avere così tanto potere?
Quando nasciamo, teoricamente, siamo ancora uno stato libero. Il che significa che un’equa distribuzione delle risorse ci consente, in teoria, di rispondere con appropriatezza allo stimolo del momento. Siamo liberi di esprimere la nostra gioia, il disagio, il dolore, la rabbia, ecc.
Ben presto ci iniziamo a rendere conto di essere immersi in un ambiente fisico ed emotivo che non ci consente la piena espressione della nostra spontaneità. Sperimentiamo un ambiente che ci richiede di adattarci, che non approva completamente il nostro movimento, o che teme per la nostra incolumità: saremmo così contenti di mettere la mano nella bocca del cane, o di giocare con le nostre feci e mostrarle allegramente alla mamma, invece scopriamo dalle reazioni del nostro ambiente che non proprio tutto quello che vorremmo fare è gradito. Poco a poco nasce quello che gli orientali chiamano ego, che si sviluppa fondamentalmente nell’interazione tra due movimenti basilari: l’espansione con la conseguente ricerca di contatto con le persone e le cose piacevoli e il ritiro, l’allontanamento dallo sgradevole. Non sempre tuttavia bianco e nero risultano così ben definiti. Se la mamma e il papà hanno degli aspetti sgradevoli (e tutti ce li hanno) non possiamo semplicemente allontanarci da loro. In gioco c’è la nostra sopravvivenza.
Cominciamo a mettere a punto una serie di strategie che, non essendo più basate su una flessibilità agli stimoli esterni, lentamente ce ne separano. Iniziamo inevitabilmente a percepire la limitatezza del mondo e di riflesso la nostra limitatezza, vulnerabilità, accompagnate da un crescente senso di carenza. La fiducia nel mondo subisce un tentennamento e per sopperire a tutte queste mancanze costruiamo un sistema emozionale difensivo che ci tranquillizzi e ci consenta di sopravvivere. Sono i primordi di quello che chiamiamo il carattere. Avvicinamento e allontanamento diventano un programma più rigido, iniziando a rispondere in modo stereotipato e automatico, coerente con l’ambiente nel quale è nato ma via via sempre più lontano dalle multiformi richieste del mondo.
Su questa traccia emozionale, quando si sviluppa poi il pensiero, arriviamo a costruire delle convinzioni (fissazioni) che sostengono e alimentano tutto il sistema: la cultura governativa ha preso potere e ben presto uno dei nostri ministeri darà inizio alla dittatura!!!
In tutte le culture si trovano tracce di insegnamenti che ci indicano quali siano i ministeri. Nella cultura cristiana per esempio ci sono le passioni (i peccati capitali), in quella greca prima e romana poi le varie divinità. Negli insegnamenti religiosi e nel folklore ci sono demoni, mostri, diavoli tentatori che ben rappresentano queste tendenze dell’essere umano.
Potenzialmente i ministeri sono un numero molto alto, ma per la nostra narrazione cercheremo di rifarci a un numero finito.
Risulta estremamente utile ad ognuno di noi individuare quale sia il ministero che ha preso potere. È la prima operazione da fare per riportare un po’ di equilibrio nel nostro parlamento.
Come porta di ingresso, ben sapendo che ce ne sono molte altre, cercheremo di individuare i ministeri come i portavoce delle funzioni del nostro organismo psichico. Come nel corpo esistono diverse funzioni (motoria, circolatoria, respiratoria, sensoriale, ecc ) possiamo immaginare che anche il nostro io sia dotato di funzioni, che corrispondono ai suoi ministri. La funzione è una fabbrica e non un deposito, nel senso che non ha, ma produce qualcosa di cui una persona ha bisogno.
Ovviamente quando una funzione prende il sopravvento non è che le altre scompaiano. Semplicemente hanno meno potere e compariranno meno frequentemente. Ma i ministeri sono tutti fondamentali e da qui sorgono i problemi.
“Quando il bambino si attesta, per esempio, sull’illusione che l’amore consista nell’essere visto, tutto il suo organismo psichico si organizza intorno al farsi guardare. Questa funzione va al governo e diventa preminente, e tutte le altre rimangono sotto il suo predominio. La funzione diventa piano piano una passione, e tutto l’organismo passa allora al suo servizio: l’organismo viene snaturato, cioè deviato dalla sua tendenza naturale ad autoregolarsi, e si mette al servizio di quell’unica funzione. Se questo bambino si è specializzato così è perché gli sarà stato utile a superare la sua difficoltà di vivere e deve quindi averne avuto contingentemente un riscontro pratico.” (P. Quattrini, 2013).
Le funzioni rispondono a dei precisi bisogni dell’organismo. Bisogni che pur essendo tutti condivisi da ognuno di noi, proprio per quanto detto prima riferendoci allo sviluppo del carattere, sono presenti in diversa proporzione o a volte neppure avvertiti. Quando una funzione prende il potere l’organismo viene snaturato, cioè deviato dalla sua tendenza naturale ad autoregolarsi, e si mette al servizio di quell’unica funzione.
A scopo evocativo andiamo ad esaminarle una a una.
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FUNZIONE NORMATIVA
Si rifà al bisogno degli esseri umani di mettere ordine nel mondo, di modo che ogni cosa risulti al suo posto e che si possa costruire una città e non vivere nel bosco o nella palude. Grazie a questa funzione il mondo diventa abitabile. Se voglio che ogni cosa sia messa dove dico io cercherò dagli altri obbedienza.
Chi subisce la dittatura di questo ministero può aver difficoltà a tenere la bocca chiusa quando vede qualcosa fuori posto, fino ad arrivare a dire agli altri cosa dovrebbero fare… lui si che sa come si fanno le cose!
Esagerazione: dire agli altri cosa devono fare (anche quando sarebbe più conveniente starsene zitti)
Quando la dittatura è molto grave: ossessività.
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FUNZIONE AUTOSTIMA
Con questa funzione si cerca di venire amati dal mondo e rispecchiati per il proprio splendore. Si fa tutto in modo meraviglioso, in modo da ricevere dal mondo adorazione e riconoscenza. Chi subisce la dittatura di questo ministero è pieno di generosità, luce, sole e potendo dispenserà benevolenza, generosità, consigli, soldi... tuttavia dovrà evitare di farsi vedere fragile, ferito, povero. Ma dove sono finiti i loro bisogni? E la loro capacità di dire di no?
Esagerazione: dormi pure nel mio letto io sto comodissimo per terra
Quando la dittatura è molto grave: isteria, sé grandioso.
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FUNZIONE AUTORAPPRESENTAZIONE
Con questa funzione ci si fa pubblicità. In modo discreto ed efficiente, si riesce a ottenere quello che si vuole. È una delle più difficili da individuare perché il nostro mondo contemporaneo la considera un pregio fondamentale. E del resto, se non ci si riesce a vendere come si può ottenere un lavoro, una casa in affitto, la fiducia degli altri? Chi subisce la dittatura di questo ministero vive il sotterraneo bisogno di essere visto, di ottenere la gratificazione dal mondo che gli confermi la convinzione di avere una famiglia perfetta, di essere un amante perfetto, di avere successo.
Esagerazione: mulino bianco
Quando la dittatura è molto grave: falso sé, narcisismo.
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FUNZIONE AUTOALLEANZA
È la funzione che fa dire: “E perché a me no? Perché agli altri sì e a me no?”, il che implica stare dalla propria parte, opponendosi a un trattamento ingiusto nei propri confronti. È indispensabile per non subire la tirannia altrui. Chi subisce la dittatura di questo ministero spesso vive un senso di mancanza e di ingiustizia, accompagnato da un forte risentimento. Chi lotta per i propri diritti nonostante le ingiustizie si sentirà amato quando percepirà l’ammirazione dei suoi interlocutori.
Esagerazione: vivere in uno stato di continuo risentimento senza accorgersi di ciò che già si ha.
Quando la dittatura è molto grave: instabilità emotiva, depressione, stati limite, disturbi alimentari.
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FUNZIONE ANALITICA
È la funzione che ci fa orientare nella differenza. Quella che si nota quando non è attiva. È la facoltà di separare il tutto nelle sue singole parti. Chi subisce la dittatura di questo ministero se ne sta isolato ad analizzare il mondo, a guardare da lontano e continuare a scomporre, a capire, senza apparentemente partecipare. Il desiderio di comprendere è anche desiderio di essere compresi, magari senza doversi spiegare.
Esagerazione: scomporre il mondo fino a non avere più nulla di significativo sul quale appoggiarsi
Quando la dittatura è molto grave: personalità schizoide, ritiro autistico.
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FUNZIONE AUTODIFESA
È la funzione che ci permette di scoprire le cause di un determinato effetto per poterle eliminare o evitare. Rende il mondo controllabile e prevedibile, per lo meno dentro a certe condizioni sperimentali. Chi subisce la dittatura di questo ministero passa il tempo a cercare i pericoli, ad evitare le cause che produrrebbero effetti catastrofici, a ricercare un ordine delle cose attraverso schemi e regole che rendano il mondo prevedibile. Vedendo il mondo come una catena di cause ed effetti, per sentire la vicinanza dell’altro c’è bisogno di essere perdonati in anticipo per i guai che si potrebbero commettere.
Esagerazione: non rischiare mai, fare guerre preventive contro nemici immaginari
Quando la dittatura è molto grave: paranoia.
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FUNZIONE EVITAMENTO
È la funzione che ci consente di non andare a sbattere e schivare quello che ci sta arrivando addosso. Si tratta in buona sostanza di schivare le difficoltà, le sofferenze inutili e gli imprevisti. Evitare le collisioni ed essere diplomatici. Chi subisce la dittatura di questo ministero rischia, per evitare le collisioni, di non fermarsi mai da nessuna parte, e per evitare paura, dolore e fatica, di perdersi in un mare di cose piacevoli, ma mai durature.
Esagerazione: iniziare mille cose e non portare nulla a termine, abbandonare quando il gioco si fa duro per una nuova e più invitante possibilità.
Quando la dittatura è molto grave: narcisismo, ipomaniacalità.
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FUNZIONE TERRITORIALE
È la funzione che permette la proprietà privata. Aiuta a distinguere ciò che è proprio da quello che è degli altri. Ha molto a che vedere con la gestione del potere. Chi subisce la dittatura di questo ministero tenderà a vivere cercando di conquistare territori e verificare continuamente la propria forza. Tende a occuparsi delle proprie cose e a passare sopra gli altri se accidentalmente si trovano sulla propria strada. Inoltre tenderà a mettere al primo posto la quantità, risultando smodato in ogni aspetto della vita. L’amore degli altri si manifesta come sottomissione.
Esagerazione: nei ristoranti ‘all you can eat’, la seconda volta che ci va non lo fanno entrare
Quando la dittatura è molto grave: personalità antisociale, psicopatia.
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FUNZIONE OMEOSTASI
È la funzione che serve per riportare e mantenere l’equilibrio. Chi subisce la dittatura di questo ministero tenderà a fare di tutto per mantenere l’equilibrio e l’armonia. Per evitare il conflitto tenderà a caricarsi di lavoro, ma senza quasi che gli altri se ne accorgano, e a dimenticarsi dei propri bisogni per evitare, con le proprie richieste, di alterare l’equilibrio esistente. La continua conferme dell’omeostasi richiede la compagnia fisica, che lo rassicura a proposito dell’esistenza del legame
Esagerazione: ottiene dalla vita di tutto, tranne quello che banalmente desidera.
Quando la dittatura è molto grave: depressione, aggressività passiva
Come si riconosce?
Qualche volta capita in alcune situazioni che le cose ci lascino un cattivo sapore. Sentiamo che c’è qualcosa di sbagliato. Bisogna ricordare situazioni in cui non ci siamo piaciuti, in cui soprattutto avremmo voluto fare qualcosa di diverso ma non ci siamo riusciti. E non ci siamo riusciti perché il nostro ministero ipertrofico si è messo di mezzo. Vogliamo dichiarare il nostro amore a una persona ma non lo facciamo, perché l’autodifesa ci dice che è troppo pericoloso, o abbiamo bisogno di riposare ma ci distruggiamo di fatica tutta la notte perché la funzione autostima non ci permette di avere la casa un po’ in disordine quando domattina arriverà l’idraulico, e così via. Quando osserviamo con la funzione analitica e una buona onestà emotiva e intellettuale queste situazioni scopriamo quale funzione ha causato il nostro comportamento, andando a sostituire quella che sarebbe stata più idonea. Non é semplice perché spesso le dittature sono egosintoniche, si basano cioè su una rete di idee e valori di cui andiamo fieri. Dobbiamo essere ancora più onesti con noi stessi per poter scoprire in cosa esageriamo.
Una volta smascherato il dittatore sará possibile riportare la democrazia.
La democrazia dentro al sistema intrapsichico si riporta attraverso lo scambio. Con lo scambio si evita la guerra. Come nei rapporti tra gli stati il commercio è quello che realmente porta a superare il conflitto, o quello che lo genera quando non viene realizzato. Non si scambiano solo cose e oggetti. Si possono scambiare anche comportamenti: “Io faccio questo se in cambio tu fai quest’altro”. E non solo. Con se stessi, tra i diversi parlamenti, si possono scambiare anche finalità e obiettivi. Lo scambio funziona quando a venire scambiata è una merce che ancora non si possiede, in questo caso un comportamento che normalmente non è nelle mie corde, che normalmente evito. Per tornare all'esempio fatto nel paragrafo precedente, una dichiarazione d'amore puó diventare meno “pericolosa” se fatta in forma epistolare e trasformare il rischio in un “rischio accettabile”. Quello che alla fine riesco a mettere in atto è un modo diverso di essere nel mondo, che poco a poco allarga, e di parecchio, i miei orizzonti esistenziali.
Voglio fare qualcosa ma non posso farlo se non è perfetto? Lo scambio vorrebbe dire smettere di pretendere di fare necessariamente bene. Devo fare cioé quello che in psicoanalisi si chiama sacrificio narcisistico. Questo è l’elemento indispensabile affinché lo scambio avvenga e, poco a poco, il dittatore possa lasciare la presa.
Bisogna ammorbidire le posizioni di pretesa (lo voglio, lo voglio, lo voglio!), armarsi di pazienza e tollerare dolore e paura: consolare e rassicurare la parte di se che vuole, vuole, vuole, finché lasci la pretesa di qualcosa di improbabile e si accontenti di qualcosa di plausibile! (molli cioè l’esagerazione).